BOLLA DI FONDAZIONE E REGIO SIGILLO
L’avallo regio con la firma di Carlo di Borbone, datato30 giugno 1740, attesta un’iniziale e, col tempo, sempre più privilegiata, relazione dell’Arciconfraternita con la reale casa borbonica.
Ad una prima fase ‘privata’e sperimentale nell’«esercitare una delle Sette opere di Misericordia, quella di vestire gli ignudi vergognosi, sotto il titolo del glorioso patriarca S. Giuseppe» seguì la presentazione alla Camera di Santa Chiara, il 14 marzo 1740, dei capitoli dell’istituto per l’approvazione regale del sodalizio.
La documentazione presente presso l’Archivio di Stato di Napoli parte dal 1739 e testimonia una prima partecipazione alle opere pie della Congregazione dei Carmelitani Scalzi che ospitarono l’ente nella chiesa di Santa Teresa sopra i Regii studi, in cui si dispensarono per la priva volta, sette abiti a sette poveri, in memoria dei sette dolori e gioie che scandirono la vita di San Giuseppe.
L’affiancamento ai fondatori dell’ Ordine religioso dei Carmelitani è un fatto caratterizzante nella storia delle istituzioni caritatevoli napoletane. Questi ebbero un ruolo importante in quanto particolarmente zelanti nel sostenere le compagnie intitolate allaVergine del Carmelo e perché il loro convento fece da sfondo a vicende napoletane di primo piano, come la rivolta di Masaniello.
L’ordine carmelitano, inoltre, fu particolarmente ben voluto dalla sovrana, moglie di Carlo di Borbone, Maria Amalia di Sassonia. La regina, donna particolarmente devota a Santa Teresa, conservava con sé un guanto della santa guarnito d’argento e chiuso in un abito del Carmine.
La connessione col culto di Santa Teresa dei padri carmelitani e il loro appoggio manifesto all’Arciconfraternita, può aver dunque giocato un ruolo di primo piano nel dar occasione alla famiglia reale di conoscere l’opera della Congregazione di San Giuseppe dei Nudi.
Carlo si recò di persona alla sede del sodalizio di cui fu benefattore con doni e con l’esenzione dal dazio di tutto ciò che la Congregazione comprava per destinarlo all’opera di vestire i poveri vergognosi.
Nella seconda metà del Settecento, la Congregazione ebbe anche la protezione di Ferdinando IV e della regina Maria Carolina, che vollero essere ascritti tra i membri della pia Opera. In particolare, la regina divenne «Prima sorella e Superiora perpetua», donando ogni anno otto abiti da dispensare ai più poveri.
Il re e la sua corte presenziarono spesso alla cerimonia della distribuzione delle vesti, che avveniva due volte l’anno: nel periodo di Natale e nel giorno di San Giuseppe, prevedendo l’allestimento sontuoso con tutti gli abiti esposti in bella mostra alle pareti della Chiesa di San Giuseppe dei Nudi, prima di essere donati in beneficenza.
(Foto dell’Avallo regio del sodalizio con la firma di Carlo di Borbone, 30 giugno 1740.Napoli, Fondazione dell’Opera di San Giuseppe dei Nudi.)