LA CHIESA
Le vicende architettoniche che videro la fondazione dell’impianto settecentesco e il rinnovamento tardo ottocentesco dell’attuale chiesa di San Giuseppe dei Nudi, furono piuttosto complesse e riguardarono l’edificazione della sede definitiva sulla Piana della Costigliola a partire dal 1743, quando l’Ente ottenne dal duca Domenico Carafa, in perpetua concessione, il suolo confinante con il suo palazzo alla Costigliola.
Dal 1749 venne chiamato per la realizzazione di una nuova chiesa, Giovanni del Gaizo(1715-1796), poi ammesso al sodalizio della Real Arciconfraternita.
Il progetto ambizioso di del Gaizo per l’Arciconfraternita prevedeva una chiesa più ampia e decorosa che andò ad inglobare il preesistente impianto cinquecentesco di Santa Maria dell’Oliva, aggregando il presbiterio e contribuendo così a un nuovo assetto della chiesa più lungo sull’asse ingresso-presbiterio. La facciata è tipica dell’impostazione settecentesca napoletana. Essa presenta due fasce divisorie sovrapposte, in basso, scanditeda lesene ioniche in coppia e festoni pendenti “alla Michelangiolina” per il primo ordine e composite nel secondo in alto, tutte in stucco.
Nella parte centrale del primo registro, è l’ovale di San Giuseppe con, ai lati, festoni di frutta e fiori in stucco. Nel 1755 venne commissionato al pittore Domenico Mondo un quadro per l’altare maggiore con la Gloria di S. Giuseppe, poi sostituito nel1852.
Solo nel 1772 fu costruito il nuovo altare maggiore in marmo, eseguito sul disegno di del Gaizo, dai marmorari Antonio di Lucca e Crescenzo Trinchese.
Negli anni ‘70del Settecento,i Confratelli completarono i lavori nell’anti-sagrestia, predisponendo una sala per le udienze della Congregazione dotata di altari e banchi.
Nel 1888, dopo 150 anni dalla fondazione dell’Arciconfraternita, le attività di promozione benefica si erano moltiplicate; oltre al“vestire”le classi più povere, si provvedeva loro garantendo aiuti per l’istruzione e l’educazione dei più giovani, la tutela dell’infanzia abbandonata e sussidi per gli invalidi al lavoro. Bisognava quindi adempiere, nell’ottica dei nuovi impegni, al rilancio delle sedi della Confraternita, per dare importanzaal suo operato.
Il cantiere di restyling coinvolse i luoghi simbolo della Comunità: la chiesa, la sagrestia e l’oratorio.Pur conservando l’impianto e le forme originarie settecentesche, la Chiesa necessitava di interventi. Luogo nevralgico delle celebrazioni, impiegata da sempre come un ‘atelier’,in cui esporregli abitialle pareti per la vestizione dei poveri nel giorno onomastico di San Giuseppe e nella ricorrenza del Natale, presentava crepe e fessure alle pareti.Inoltre l’umidità e le infiltrazioni avevano creato non pochi problemi anche alla cupola, le cui “riggiole” erano manomesse insieme alle vetrate e al cornicione interno.
Così, al bianco degli originari stucchi, fu sostituita la policromia di finti marmi.Per la parte pittorica, venne chiamatoGaetanoD’Agostino, allievo di Domenico Morelli e decoratore di grido. Tra il 1895 e il 1905, l’artista lavorò alla volta della cupola, al presbiterio e alla navata.Le rappresentazioni delle Virtù di San Giuseppe su un fondo blu e oro sotto forma di angeli oggi sono poco visibili a causa dei danni occorsi alla cupola; mentre ovunque si legge il motto ‘Nudus eram et cooperuistis me’,nei cartigli retti dai Serafini sulla volta della cupola, sul palco dell’orchestra, sulle balaustre, nel pavimento di marmo e sulle edicole. All’ingresso della Chiesa, sotto la cantoria dove è ospitatoil settecentesco organo a muro, D’Agostino realizzò un coro di angeli che regge il cartiglio di una lode: “Laudate Eum in Tympano et Choro Laudate Eum in Chordis et Organo”.
Sull’altare centrale della chiesa l’Opera di Misericordia: vestire gli ignudidi Achille Iovane, commissionato dai Confratelli nel 1852, costituisceil manifesto simbolico dell’Arciconfraternita, oggi come nel passato.
Sull’altare di sinistra è la Natività di Girolamo Starace Franchis.